La vicenda ha avuto inizio nel luglio 2016 quando un anziano signore, residente a Montemonaco, accusò un malore e fu trasportato dal 118 presso il pronto soccorso di Amandola.
Il quadro clinico non si presentava particolarmente allarmante tanto che l’uomo si era rivolto ai sanitari solo dietro le insistenze della vicina di casa e, dopo l’esame dei parametri vitali e l’effettuazione degli esami di primo livello, non era emerso alcunché di anomalo salvo l’innalzamento di un particolare valore ematico ed una diffusa spondiloatrosi con dolore al rachide cervicale.
La dottoressa Arma aveva, quindi, provveduto a somministrare un farmaco anti-infiammatorio che, in breve tempo, aveva determinato una risoluzione completa della sintomatologia in atto e consentito all’uomo di rientrare a casa in piena autonomia.
La situazione precipitava, però, improvvisamente durante le prime ore dell’alba del giorno successivo quando, secondo gli accertamenti autoptici, l’anziano era deceduto nel proprio letto di casa per effetto di una dissecazione aortica acuta, una patologia “non comune”, di natura cardio-vascolare e normalmente letale se non trattata con un tempestivo, complesso, non sempre risolutivo intervento chirurgico.
I Giudici di secondo grado hanno confermato la pronuncia di assoluzione emessa in favore della dottoressa P. A. dal Tribunale di Ascoli Piceno escludendo che vi siano stati profili di responsabilità colposa da parte del sanitario, già in servizio presso l’ospedale di Amandola ed, attualmente, dirigente medico di medicina interna all’area vasta 4.
L’assoluzione smonta l’impianto accusatorio di una lunga vicenda giudiziaria durata ben 7 anni con la pubblicazione della motivazione da parte della Corte di Appello di Ancona.
L’avvocato Igor Giostra del foro di Fermo, legale della dottoressa Arma ha precisato “che la stessa aveva agito con coscienza e prudenza, effettuando ogni accertamento previsto dalla migliore scienza medica né poteva attribuirsi abnorme ed ingiustificata efficacia predittiva ad una dato tanto generico quanto collegabile ad una pluralità di patologie, anche di natura diversa da quelle cardio-vascolari, quali il d-dimero, specie considerando che il suo aumento non si accompagnava ai markers tipici della dissezione aortica”.
La dottoressa Arma, perciò all’epoca dei fatti, aveva operato con tutte le accortezze del caso non potendo, certo, sospettare di una patologia la cui diagnosi avrebbe richiesto, peraltro, accertamenti di secondo livello invasivi ed effettuabili soltanto presso il nosocomio di Fermo o quello di Ascoli Piceno.