di Massimiliano Bartocci –
Festa grande nel Comune di Fermo per l’imminente arrivo di un finanziamento di 17 milioni e 500 milioni di euro per la realizzazione di un Biodigestore e annessa industria chimica (per la produzione di gas metano) nella discarica di San Biagio.
Finanziamento concesso dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) che ha pubblicato la graduatoria ed i risultati del bando, promosso dallo stesso Dicastero, per finanziare con fondi PNRR (investimenti sull’Economia Circolare) progetti sull’ammodernamento e la realizzazione di nuovi impianti di trattamento/riciclo dei rifiuti urbani provenienti dalla raccolta differenziata.
Soddisfazione viene espressa dal Sindaco Paolo Calcinaro che ha dichiarato: “il risultato è straordinario, siamo sedicesimi in tutta Italia su 500 domande e tredicesimi nel centro sud”.
Festeggia l’amministrazione comunale per lo scampato pericolo di dover trovare i 25 milioni di euro necessari per realizzare l’opera, ma, soprattutto, festeggia l’Asite che vede all’orizzonte un’importante somministrazione di liquidità e prospettive di crescita di fatturato.
Fatturato in calo a fronte di una crescita costante di costi del personale.
5 milioni di euro di fatturato in più ogni anno
Ma l’obiettivo dell’ amministrazione comunale non era certo il biodigestore, che è un impianto strutturalmente in perdita, quanto piuttosto l’industria insalubre per la produzione del biometano ad esso collegato.
La normativa nazionale infatti, per favorire l’utilizzo del biometano come carburante da autotrazione, sta incentivando la sua produzione “regalando” 375 euro per ogni cinque gigacalorie di biocarburante immesso nel sistema di distribuzione nazionale (cosiddetto Certificato di Immissione in Consumo – CIC). Dieci anni di certificati al prezzo fissato di 375 euro più altri dieci anni al prezzo di mercato.
Questo significa che, per un impianto come quello previsto nel Comune di Fermo, il gestore riceverà una “incentivazione a fondo perduto” di circa 1 milione e 700 mila euro ogni anno.
A cui vanno aggiunti i proventi della vendita del biometano (circa 600.000 euro) e quelli che i Comuni e i privati dovranno versare per lo “sversamento” dei loro rifiuti e che sono fissati, nel bilancio di previsione, in 65 euro per le 22.000 tonnellate provenienti dai Comuni della Provincia di Fermo, 85 euro per le 13.000 provenienti da fuori provincia e 30 euro per le 7000 di rifiuti ligneo cellulosici, per ulteriori 2 milioni e 745 mila euro.
Per un fatturato complessivo annuo di circa 5 milioni di euro, a fronte di costi di gestione stimati in 1.800.000 euro annui.
Ma possono festeggiare i cittadini?
I cittadini fermani festeggeranno un po’ meno visto che il territorio dovrà sopportare l’arrivo di 35 mila tonnellate di “umido”, dall’odore non proprio gradevole, per essere trattate chimicamente.
Arriverà non solo la FORSU (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano) ma anche ogni rifiuto di origine animale (carcasse, rifiuti da cucina e ristorazione, sottoprodotti di animali acquatici, urina ed escrementi) e in genere da tutti i sottoprodotti provenienti da attività agricole, forestali (potature, fieno e paglia), alimentari e agroalimentari.
Se si considera poi che nel 2019 tutti i Comuni della Provincia di Fermo hanno prodotto 24.000 tonnellate di rifiuti trattabili nel biodigestore, con una tendenza alla diminuzione a causa del calo demografico, ben si comprende che l’Asiste dovrà assicurarsi non solo i rifiuti da e di tutta la provincia ma anche “acquistarli” in altri territori.
I rifiuti prodotti in Regione non sono infatti sufficienti alle richieste di tutti gli impianti come questo, che proprio per l’incentivazione, stanno nascendo come i funghi.
Quello che è certo che vedremo autotreni pieni di rifiuti maleodoranti (umido, escrementi, sottoprodotti delle attività agro alimentari, della pesca, ecc.) attraversare le strade del fermano.
Un pericolo che ha spinto i Comuni della Val d’Aso a presentare un ricorso al TAR contro il biodigestore di Force per tutta una serie controindicazioni tra le quali quelle dell’inquinamento ambientale prodotto dal continuo transito dei mezzi di trasporto.
Controindicazioni che invece non sembrano aver allarmato gli amministratori del Comune di Fermo e quelli della Provincia.
Pericoli per l’ambiente che sembrano nascosti al Consiglio Comunale
Danni ambientali che potrebbero derivare non solo dal transito degli automezzi, ma anche dal funzionamento del biodigestore e dall’attività chimica di trasformazione del biogas in biometano, come pure dalla necessità di stoccare una grandissima quantità di “digestato”, vale a dire il materiale che residua dalla lavorazione dei rifiuti, e che è pari a circa il 30% delle tonnellate lavorate.
Il digestato, prodotto dalla digestione anaerobica, classificabile come rifiuto speciale, è utilizzabile come ammendante solo dopo un’ulteriore fase rappresentata da un processo aerobico (compostaggio), con opportuni controlli microbiologici.
Quantità di digestato che difficilmente possono essere smaltite.
Sia il compostaggio che la digestione anaerobica possono infatti presentare criticità ambientali e sanitarie legate alla qualità del materiale in ingresso che, qualora non adeguata (in particolare per la presenza di batteri patogeni, elevate concentrazioni di metalli pesanti e composti organici tossici), può produrre contaminazione del suolo e della catena alimentare ed emissioni inquinanti in atmosfera.
Preoccupazione espressa anche dall’Istituto Superiore di Sanità: “desta preoccupazione la capacità di alcune specie microbiche – in particolare il Clostridium botulinum – di sopravvivere in condizioni di anaerobiosi e alle temperature utilizzate nel processo di digestione”. Per tale motivo, da più parti, si suggerisce di investire in sistemi e tecnologie diverse dalla biodigestione anaerobica e di adottare il principio di precauzione. Ma anche la combustione in loco del gas prodotto dalla digestione anaerobica causa l’emissione in atmosfera di numerosi composti chimici, tra i quali sostanze nocive alla salute umana.
Non resta che un’ultima riflessione sulla utilità per un Comune di entrare nell’industria della produzione del biometano, sia pure attraverso una sua partecipata al 100%. Gli scopi e le finalità delle amministrazioni pubbliche dovrebbero infatti essere diversi.
Ma di tutto questo in Consiglio Comunale non si è parlato.